Eroe dello storytelling, ieri e oggi: intervista a Fabio Fanelli

Tutto è racconto e lo storytelling è molto di più di una tecnica narrativa: basti pensare alla figura dell’eroe, quello dei miti, dei racconti e delle leggende prima, della letteratura poi. Una figura che trascende la scrittura e informa tutta la nostra cultura e i modelli di comportamento.
Abbiamo il piacere di avere con noi, a parlarci dell’eroe letterario, Fabio Fanelli, copywriter e autore per la tv e il cinema, penna della web serie “Non cresce l’erba” e autore di “Una meravigliosa stagione fallimentare”, docufilm vincitore dell'”11 mm Football Film Festival” di Berlino, del Paladino d’Oro come miglior film allo Sport Film Festival di Palermo, del “Premio Panenka” al Offside Fest di Barcellona e menzione d’onore da parte del pubblico al premio FICE 2015 dedicato al cinema d’Essai.
Fabio ci fa conoscere sottilissime sfumature dell’eroe, comprendiamone e cogliamo le sfaccettature per scrivere una storia.

Per iniziare: a te la figura dell’eroe o dell’eroina, tra tutti gli elementi compositivi dello storytelling, piace? È sempre nell’eroe o eroina che ti immedesimi in una storia? Hai un eroe o eroina preferito? Se sì, chi è?

È difficile guardare alla figura dell’eroe secondo parametri di gusto. Piuttosto, forse, con l’eroe siamo dentro una condizione di necessità. È qualcosa da cui non si prescinde, in una storia. Non può prescinderne chi la racconta – perché ha bisogno di cardini attorno a cui far girare il sistema degli eventi e delle emozioni – ma, forse, non può prescinderne neanche il fruitore – che, nel momento in cui sceglie di seguire una storia, assume una posizione di interesse verso un suo personaggio, protagonista, o anche solo verso il narratore che la racconta. Quindi, sceglie, in qualche modo, un suo eroe da seguire.

Se penso al mondo classico, forse la figura dell’eroe che ho sempre trovato più affascinante è quella di Prometeo. In quell’atto di rubare il fuoco agli dei per darlo agli uomini ho sempre visto un merito superiore a qualsiasi altra impresa eroica, perché non risolve una questione personale e non è l’eroe di un popolo, è l’eroe di una specie. Il suo dono agli uomini è più di uno strumento di sopravvivenza, è uno strumento di sviluppo, evoluzione. Non è un caso che la punizione di Zeus per l’affronto è forse tra le più feroci della mitologia. In un viaggio recente a Sochi, in Russia, avevo letto di una grande statua di Prometeo con le catene spezzate, libero. Credo sulla cima di una delle montagne che sovrastano Sochi.
Mi è dispiaciuto moltissimo non riuscire a vederla.


Se volessimo essere ortodossi: quali sono le caratteristiche di un eroe? Cosa si intende con il termine eroe? Quali eventi creano un eroe?

Esistono significati e accezioni diverse a seconda spesso del campo in cui ci si muove. Se pensiamo al mondo classico, o anche a quello della letteratura cavalleresca, allora l’eroe si “veste” (spesso in senso letterale), di alcune caratteristiche imprescindibili: è una figura unica, dotata di qualità incredibili, che lo portano a compiere gesta straordinarie. È una figura in cui tutto sublima: valori, fatiche, emozioni, trionfo.

Socialmente parlando, l’eroe si “semplifica” in chi combatte il male, salva vite umane, sacrifica se stesso per qualcos’altro o qualcun altro. È questo lo spazio dei grandi personaggi dei fumetti – “Supereroi”, appunto – ma anche dell’utilizzo più comune del termine (per esempio l’uso giornalistico, o quello quotidiano).

Io preferisco lo sguardo letterario, che riconosce l’eroe per centralità nella storia e non solo per sistema di azioni o valori che lo riguardano. È una visione più ampia, libera, in cui trovano posto caratterizzazioni più sfumate e quindi più interessanti. E allora l’eroe può anche avere macchie, ombre, o addirittura arrivare a essere il cattivo (come nel Batman di Nolan “O muori da eroe o vivi abbastanza a lungo da diventare il cattivo”).

L’eroe, liberato dal dovere di essere impeccabile e di essere politicamente corretto, diventa personaggio molto più pieno, stratificato.
L’elemento che torna, come meccanismo che innesca la storia, è quello del “Viaggio dell’eroe” (perfettamente fotografato nell’omonimo saggio di Christopher Vogler): un arco dentro il quale è sempre possibile riconoscere lo stato iniziale di un personaggio, un evento che tutto cambia o può cambiare della sua vita, una serie di azioni necessarie a risolvere il conflitto innescato, un finale in cui il conflitto si risolve, trovando l’eroe cambiato, evoluto. 

Inevitabilmente, gli eroi, anche quelli letterari, cambiano nel corso del tempo, così come cambiano i riferimenti valoriali, non è forse vero? Come è cambiata la figura dell’eroe? E chi sono gli eroi e le eroine letterari al giorno d’oggi?

Il cambiamento è quello di cui accennavamo prima, gli eroi si sono con il tempo emancipati dalla loro raffigurazione più classica. Possono essere sghembi. Possono essere imperfetti. Addirittura possono essere quasi malvagi, negativi, addirittura malati. Homer Simpson è un grande eroe – così era definito anche nel trailer del film de “I Simpson” – pur essendo obeso, poco intelligente, incapace a lavoro, incline all’alcool. Ma è eroe anche Frank Underwood di House of Cards nonostante il suo cinismo, la sua ferocia politica, la sua egolatria. Lo stesso Joker del 2019, magistralmente interpretato da Joaquin Phoenix, è eroe dentro la sua storia. Qualcuno potrebbe dire che non sono eroi i protagonisti della nostra “Gomorra”? Ciascuna di queste figure è eroica all’interno del viaggio al centro della narrazione che li riguarda. 

In letteratura, per esempio, mi vengono in mente personaggi come “Stoner”, di John Edward Williams, o “Bartleby” di “Bartleby lo scrivano” di Melville. Personaggi che, all’interno del loro viaggio dell’eroe, incarnano un modo addirittura quasi passivo di vivere gli eventi, abdicando quasi alla “lotta per la vita”.

Abbiamo parlato solo di personaggi maschili, ma anche dentro alcune delle citazioni fatte, esistono eroine vere e proprie: penso a Marge o a Lisa Simpson, ma anche alla “signora Underwood” (basti pensare alla sua evoluzione nella serie). Per una finestra assai interessante sulle eroine, si possono segnalare le “Morgane” raccontate da Michela Murgia e Chiara Tagliaferri nei loro libri e podcast.

Gli eroi ed eroine, sono, in ogni caso, dei punti di riferimento, plasmano i modelli comportamentali. Ci sono figure che hanno lasciato il segno nel tuo caso? Quale icona letteraria del passato pensi abbia le carte in regola per essere un eroe “moderno”?

Ultimamente ho riscoperto molto il personaggio di Atreiu ne “La Storia Infinita” (il film lo ricordiamo tutti, ma anche il libro da cui è tratto è molto bello). Atreiu è per me una specie di Prometeo in versione fanciulla, perché nella sua battaglia per salvare il regno di “Fantasia” c’è la nostra necessità difendere l’immaginazione, la fantasia, la bellezza dai vuoti, dall’oblio e dalla distruzione de “Il Nulla”. Un altro personaggio a cui sono legato da sempre è il signor “Pereira” di “Sostiene Pereira” di Tabucchi. Un personaggio semplice, umanissimo, che vive di scrittura e che nella scrittura trova la spinta di ribellione per fare la cosa giusta, condannare, non accettare, denunciare.

Dopodiché, il mio preferito è sempre Vincent Van Gogh, per la bellezza del suo animo inquieto, il suo talento, le sue fragilità, la sua ironia, la parabola stessa del suo straordinario – anche se spessissimo infelice – viaggio dell’eroe.

In Una meravigliosa stagione fallimentare, bellissimo e pluripremiato docufilm sulla stagione 2013/2014 del Bari calcio, segnato dal sogno della serie A, naufragato soltanto ai playoff, in semifinale, chi è l’eroe alla fine? C’è un personaggio, o più personaggi che, nonostante gli esiti, possono dirsi vincitori, quindi eroi della storia?

In quel film non esiste eroe, se non nelle collettività che racconta. Eroe è “la squadra” intesa come gruppo di atleti e uomini – in realtà giovanissimi – che attraversano le vicende raccontate. Eroe è “la città” intesa come geografia umana che segue, si innamora e attraversa la stagione della squadra, sino al finale che, anche se non è sportivamente lieto, rappresenta un arrivo straordinario del viaggio: la riconciliazione piena e la riconoscenza infinita. Dentro questi due grandi corpi multipli, ci sono poi significative storie di singoli come quella del capitano della squadra Marino Defendi.

Hai scritto un articolo sul viaggio dell’eroe come metafora dello sport, in particolare del calcio e del gioco Fifa17. Ce ne parli?

Sì, nel l’EA Sport con il suo gioco FIFA, introduceva per la prima volta una modalità di gioco chiamata “The Journey”. Non si trattava più di guidare e controllare un singolo giocatore costruendone la carriera di partita in partita: con “The Journey” si entrava nella vita della giovane promessa Alex Hunter, seguendola nel suo sogno di diventare un grande calciatore, tanto quanto nelle sue vicende personali, familiari, emotive, contrattuali. Una vera e propria costruzione seriale portata poi avanti sino a FIFA 19 e arricchitasi di altri due personaggi di cui si potevano attraversare carriera e vita. A colpirmi era il fatto che, con “The Journey” un autore e narratore si aggiungeva ai consulenti classici di un gioco come FIFA, aprendo scenari tutti nuovi per questa professionalità dentro il mondo di questo tipo di gaming.

Il mondo dello sport è costellato da eroi ed eroine, da appassionato del calcio, c’è qualche eroe o eroina a cui ti ispireresti per dar vita all’eroe letterario del romanzo che stai scrivendo? E, in generale, quali caratteristiche eroiche si possono mutuare dal mondo dello sport?

Lo sport è il contenitore perfetto per il viaggio dell’eroe. Nello sport sono insiti elementi narrativi forti come la sfida, il sacrificio, il superamento dei propri limiti, la sconfitta, la vittoria, l’avversario, il nemico. Se guardiamo a una serie come “The Last Dance”, balza subito all’occhio come la scrittura ha selezionato, presentato, montato e raccontato i protagonisti di quei “Chicago Bulls” in maniera quasi fumettistica, attribuendo a ciascun eroe un ruolo, un sistema di valori, un talento, una diversa storia personale, una voce e uno stile.

Nel calcio Maradona è certamente l’eroe per eccellenza, anche in senso letterario. È stato trascinatore, leader, capopolo, capitano, talento ineguagliabile. Ma è stato anche personaggio fragile, discusso, divisivo, imperfetto. Maradona è stato un romanzo in ogni sua vicenda, sul campo e fuori. Cercando tra protagonisti magari meno raccontati, oggi seguo con grande interesse, e curiosità la scelta di Borja Valero di andare a giocare con una squadra di Promozione basata sull’azionariato popolare, politicamente schierata e socialmente impegnata come il Centro Storico Lebowsky. Se dovessi scriverla io, una storia che mi piacerebbe trovare e raccontare sarebbe quella di un grande campione del calcio che dichiara pubblicamente la sua omosessualità, rompendo fragorosamente un tabù gigantesco del mondo del calcio.
Sarebbe una storia straordinaria, un viaggio dell’eroe che varrebbe davvero la pena di seguire fino in fondo.

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