L’antagonista è indubbiamente una figura ambivalente, ma ricca di fascino. Da aspiranti scrittori, proviamo a conoscerla meglio. Siamo in compagnia di Alessandro Ferrari, autore e scrittore per il cinema e sceneggiatore di fumetti e di cartoni animati. Nel 2016 la sua graphic novel Star Wars The original trilogy è stata un bestseller mondiale, nella top ten del «New York Times». Nel 2019 ha pubblicato il suo romanzo d’esordio Le ragazze non hanno paura, mentre nel 2021 per De Agostini esce l’antologia Ciao maestro. Le grandi e i grandi che ci aiutano a crescere e il suo secondo romanzo Chiedi ai sogni di non fare rumore.
Ciao Alessandro, grazie per essere con noi, prima di entrare nel vivo di questa intervista sull’antagonista, capiamo prima quali sono le caratteristiche dell’antagonista. Come caratterizzarlə e descriverlə al meglio in un romanzo? Che cosa fa l’antagonista? E cosa significa esserlo? E, infine, qual è per te il prototipo di cattivo?
Per parlare dell’antagonista, facciamo un piccolo focus sull’eroe: l’antagonista è un elemento importantissimo che definisce l’eroe. Ogni racconto ha un eroe o un’eroina. Non facciamoci ingannare dalla parola eroe che evoca gli eroi Marvel o Luke Skywalker: l’eroe è il protagonista o la protagonista della storia. È un qualsiasi personaggio: io parlo sempre di Star Wars e del Diavolo Veste Prada. Andy non è una supereroina, ma una persona normale. L’eroe è il protagonista indipendentemente dal tipo di storia, ha sempre delle capacità, delle aspirazioni, dei sogni e dei desideri: deve volere qualcosa altrimenti la storia non ha senso. In questo suo volere, il lettore o spettatore si riconosce e condivide questi desideri. La bravura di chi scrive sta nel fare in modo che questi desideri vengano condivisi.
L’antagonista non può esistere senza l’eroe e viceversa. In due parole, è colui che si oppone al desiderio dell’eroe protagonista. Facciamo un esempio: Harry Potter e Voldemort. Si raccontano più episodi della vita quotidiana e si rimarca spesso che il piccolo mago non voglia tornare a casa dagli zii, al contrario gli altri hanno sempre delle famiglie da cui tornare. Harry vorrebbe semplicemente una famiglia – e riesce in parte a ottenerla a Hogwarts, trovando degli amici, – e soprattutto una vita normale tra i maghi. Nel libro è molto segnato questo suo desiderio. Il problema è che nel mondo della magia c’è Voldemort, quindi Harry ha una vita d’inferno: vorrebbe stare nel mondo dei maghi, ma lì c’è qualcuno che vuole ucciderlo!
Possiamo certamente definire l’antagonista in questo modo: colui che mette i bastoni tra le ruote al protagonista, in questo caso al desiderio di Harry di avere una vita normale. Qual è il desiderio inconscio di Harry Potter? Deve capire che deve assumere il suo ruolo, ovvero quello di sconfiggere Voldemort, e quindi non può vivere una vita normale. Lui invece difficilmente accetta di essere eroe. Questa è la struttura. Voldemort è un antagonista perfetto, è un puro antagonista, e un puro cattivo, lui si mette contro Harry potter e vorrebbe eliminarlo.
L’antagonista non è necessariamente né semplicemente qualcuno che vuole uccidere l’eroe, infatti paradossalmente è più grave per Harry il fatto di non poter vivere una vita tranquilla a Hogwarts rispetto al fatto che Voldemort voglia ucciderlo. Questo nei libri è molto chiaro, soprattutto nel primo, dove la minaccia di morte è presente, ma è meno concreta rispetto agli ultimi libri, di gran lunga più seri. La minaccia è sentita meno come realistica. È presente, ma in maniera meno violenta: Voldemort vuole ucciderlo, ma sempre con degli incantesimi. Nel momento in cui gli impedisce di avere una vita normale, e di poter partecipare ai concorsi con gli amici, o di fare qualsiasi cosa con loro, lì troviamo la vera violenza per Harry.
In sintesi le caratteristiche dell’antagonista sono sempre speculari rispetto a quelle del protagonista, e il suo desiderio di uccidere il protagonista è spesso presente, ma non necessario, perché non è ciò che lo caratterizza.
Come prototipo di antagonista della storia direi Dart Fener di Star Wars, Voldemort in Harry Potter, Cersei Lannister di Game of Thrones, Hans Landa in Bastardi senza gloria di Tarantino, ma anche l’ispettore Zenigata in Lupin, che banalmente è un altro esempio di antagonista perché si frappone al desiderio di rubare di Lupin, ma in realtà è anche un antieroe.

Le figure dell’antagonista, anti-eroe, cattivo e genio del male sembrano essere simili, sono sovrapponibili o esistono differenze? Quali sono invece i punti di contatto? E come si inseriscono in una narrazione?
Genio del male e cattivo si sovrappongono, perché “genio del male” è una caratteristica del cattivo. Il cattivo può essere un genio del male, che usa la sua genialità per scopi malefici, ma è un dettaglio dell’essere cattivo e non una categoria a sé. Invece un ruolo vero e proprio è quello dell’antagonista, così come quello dell’eroe e dell’antieroe. In sintesi cattivo e genio del male non sono ruoli, ma caratteristiche, attributi dell’antagonista. Certamente i ruoli possono cambiare, lo stesso personaggio può cambiare ruolo all’interno della storia. Di questo ne parleremo tra poco…
Insomma parliamo di antagonista e di antieroe, che sono dei ruoli, diversamente dal cattivo e genio del male che sono delle caratteristiche all’interno di questi ruoli. Si può dire che Voldemort è antagonista di Harry Potter, ma anche cattivo della storia perché elimina chiunque gli si opponga, e anche genio del male, nel suo caso genio della magia. Tutti questi attributi sono però subordinati al suo ruolo, quello di antagonista di Harry.
L’antieroe è, invece, sostanzialmente chi è privo delle caratteristiche etiche e morali dell’eroe. L’eroe è quello puro, con grandi sogni, che non sacrificherebbe mai la vita di qualcuno, piuttosto sacrificherebbe la propria vita per un principio. L’antieroe al contrario sacrificherebbe il principio per salvarsi la vita. L’antieroe non è da confondersi con il cattivo. Un esempio è Han Solo in Star Wars, che cambia molto all’interno della storia: lui sacrificherebbe chiunque per salvarsi la pelle, non ha le caratteristiche morali dell’eroe ed è disposto ad ingannarlo e a metterlo nei guai. Han Solo abbandona la ribellione per salvarsi la pelle, poi cambia idea e torna. A quel punto diventa un piccolo eroe. Un altro perfetto antieroe è Jack Sparrow di Pirati ai Caraibi, perché non è un vero cattivo, al contrario di Barbossa, è un antieroe perché non si pone problemi morali come Elizabeth e Will, fregherebbe tutti pur di ottenere la nave, ma non è davvero cattivo, è piuttosto privo di scrupoli. In Dragonball, all’inizio della storia Vegeta è un antagonista, combatte con Goku, che è l’eroe che riesce a sconfiggerlo. A quel punto l’antagonista smette di essere tale proprio perché è stato sconfitto e perde quindi il ruolo di ostacolare l’eroe, ma rimane come personaggio diventando un antieroe: aiuta a volte Goku, ma sempre con degli errori, dei falli, perché non è buono. Vegeta ad esempio non si sacrificherebbe per salvare il mondo. Vegeta è l’esempio perfetto della trasformazione dell’antagonista in antieroe. Infatti dopo la trasformazione lo spettatore si affeziona e Vegeta diventa uno dei personaggi preferiti. L’antieroe è sempre più figo dell’eroe, più dark. Gli antieroi affascinano.
Una differenza palese tra antagonista e antieroe sta nel fatto che non puoi non odiare l’antagonista, non si può voler bene all’antagonista – e questo non vuol dire che non si può comprenderlo – ma si vuole che venga sconfitto, possibilmente dall’eroe. Al contrario non si vuole che l’antieroe venga sconfitto, si vuole che diventi buono. Lo spettatore vuole che Han Solo torni indietro e aiuti Luke, che Vegeta aiuti Goku e che Jack Sparrow aiuti Elizabeth e Will, infatti quando Sparrow ha la possibilità di cederli a Barbossa non lo fa. Lì si comporta un po’ da eroe. In sintesi lo spettatore e il lettore si immedesimano nell’eroe, ma vorrebbero essere l’antieroe. Tutti siamo Luke, ma vorremmo essere Han Solo.
Don Draper in Mad men viene definito spesso come antieroe perché è il protagonista, ma non ha valori morali. Se lo si estrapola dal contesto ha tutte le caratteristiche dell’antieroe: è figo, tradisce la moglie, è spietato sul lavoro, mette nei guai le persone più buone. Ma, all’interno del suo contesto, è il perfetto eroe della storia e allo stesso tempo antagonista, tant’è vero che lui si mette i bastoni tra le ruote da solo.
Malfoy è un antieroe, ma fino a un certo punto: è piuttosto un parallelo di Voldemort, un antagonista. Voldemort è il personaggio che non gli permette di vivere una vita tranquilla, Malfoy è un l’antagonista, seppur per gerarchia meno importante, perché anche lui come bullo lo ostacola. Solo alla fine diventa antieroe, perché si redime.
Il cattivo esiste solo in funzione dell’eroe o ha una propria narrazione?
Gli antagonisti e gli anti eroi hanno un percorso tanto quanto gli eroi. Ovvero per scrivere una storia che sia bella, il protagonista deve compiere un percorso, però allo stesso modo anche ogni antagonista ha una propria storia, in cui è stato protagonista, idem l’antieroe. Ovvero esiste un’altra storia in cui i ruoli sono diversi. Malfoy ad esempio ha una sua storia in cui è protagonista, in cui suo padre è cattivo, ma è anche vessato da Voldemort, per cui agli occhi di Malfoy è meschino e lo disprezza. La madre è un personaggio molto forte e presente – ed è il suo lato buono, che non è venuto fuori nella storia di Harry – tant’è che è disposta a tutto per salvare il figlio. L’antagonista nella sua storia è proprio Harry Potter, che arriva dal nulla ed è adorato e stimato da tutti. Dal suo punto di vista l’antagonista è Harry Potter. C’è un maestro, Lord Voldemort, che gli chiede di adempiere a un compito che non riesce a fare, ovvero uccidere Silente. In quel momento si rende conto che il suo percorso è sbagliato. Questi percorsi un autore deve conoscerli, altrimenti realizza dei personaggi piatti.
Come dare vita a un cattivo credibile per il lettore?
Un cattivo è credibile quando ha una sua storia. Ho letto molte critiche all’ultima tendenza di dare luce alle storie dei cattivi, ad esempio nel film su Crudelia De Mon: raccontare la backstory dei cattivi, facendoli diventare dei protagonisti. In linea di principio è giusto raccontare la storia degli antagonisti, perché anche loro hanno e devono avere una storia. Il lettore, infatti, tanto più sono forti l’odio e i desideri perversi dell’antagonista e dell’antieroe, quanto più sente che quell’antagonista ha qualcosa da raccontare. Quindi all’antagonista il lettore crede, proprio perché sente che ha una propria storia di cui è eroe e che, in qualche modo, non ha funzionato.
Come nasce un cattivo perfetto, che funzioni?
Qui veniamo a due cattivi bellissimi: Voldemort e Muzan di Demon Slayer, anime e manga. Gli antagonisti che funzionano meglio sono quelli che hanno una storia che nasce dal male e in cui il loro viaggio dell’eroe è stato una sconfitta. Voldemort è nato da un amore malato: sua madre che era una strega era innamorata di un babbano che non la amava, quindi lei ha usato un filtro d’amore per ingannarlo e per farsi sposare per tantissimi anni fino a che l’inganno non viene scoperto e finisce in tragedia.
In Demon Slayer Muzan è il demone supremo che ha creato tutti i demoni nemici del protagonista. Quindi lui è l’antagonista supremo e lui è un figlio non voluto. Questo è potentissimo.
Se riesci a fare questo, tutto funziona: il tuo cattivo deve avere un’origine con cui non si può non empatizzare. Quello che il lettore non condividerà è il percorso che lo porta a diventare cattivo. Il percorso deve essere lineare: nasce da un motivo malvagio di cui è vittima, che provoca compassione nel lettore, ma quello stesso motivo porta quel personaggio a fare delle scelte sbagliate. A quel punto il personaggio diventa cattivo. Il lettore smette così di condividere il percorso di quello che è diventato ormai un antagonista, lo disprezza e lo odia. Questi secondo me sono gli antagonisti migliori, quelli più potenti, che lasciano a bocca aperta, perché da lettore quando li conosci li odi subito, vuoi che vengano sconfitti, ma quando conosci la loro storia un po’ ti viene da piangere, continui a volere la loro sconfitta, ma ti commuovi per il bambino o la bambina che erano. Questo bisogna riprodurre da scrittori. Un modello a questo proposito è “la cattiva” de Il diavolo veste Prada: lo spettatore odia Miranda Priestley e vuole che venga “sconfitta”, quando poi scopre che nessuno la ama ed è già al secondo divorzio, con un pessimo rapporto con le figlie prova un po’ di compassione.
É possibile giustificare o perdonare l’antagonista e l’antieroe?
Continuando con Il diavolo veste Prada, Miranda, rivelata la sua storia, suscita un po’ di compassione. Tuttavia lei inganna e sacrifica l’unica persona che le vuole bene per il potere, Nigel. A quel punto lo spettatore non può che disprezzarla. Il fatto che sia sola fa comprendere il personaggio di Miranda Priestley e le sue scelte sbagliate, ma non porta a giustificarla e a perdonarla. Se giustifichi l’antagonista come scrittore, e come lettore o spettatore, quellə non è più un antagonista, smette di esserlo.
Anche l’antieroe non deve essere giustificato: l’antieroe non è certamente cattivo, anche se commette colpi bassi, ma in realtà c’è allo stesso modo una comprensione, e una tolleranza verso il personaggio che non si riserva invece all’antagonista.
Nella serie Game of Thrones Cersei Lannister è un’antagonista impossibile da salvare, lo spettatore vuole che venga disintegrata a tutti i costi. Nei libri invece non è così: viene raccontata la sua backstory in modo che il lettore capisca che invece lei ha una origine difficile e devastante che l’ha portata a diventare cattiva. Nei libri il lettore sa che ha patito delle cose terribili e cerca di comprenderla, ha pena del personaggio come succede per Lord Voldemort.
Personalmente, in chi ti identifichi in una storia? Ti è mai capitato di fare il tifo per l’antagonista della storia anziché per l’eroe o eroina?
Sì, mi è capitato di fare il tifo per un antagonista: soprattutto nei manga Shonen, come Dragonball, ci sono esempi ben riusciti di personaggi inizialmente antagonisti che poi diventano antieroi (abbiamo parlato prima di Vegeta), ma anche prima che diventino antieroi suscitano affezione. L’esempio supremo è Sasuke in Naruto.
Lui è inizialmente un alleato del protagonista Naruto: essendo suo amico, gode dell’affetto del lettore/spettatore. A poco a poco, comincia a prendere un sentiero oscuro perché ha una storia alle spalle: suo fratello Itachi ha ammazzato tutto il suo clan, è scappato ed è diventato uno dei cattivi, quindi ha una storia difficile. Fino a che diventa l’antagonista di Naruto.
Gli antagonisti sono “recuperabili”, ovvero possono redimersi? Quando invece non lo sono? Quali sono i più efficaci?
Sì, e Sasuke è l’esempio perfetto di antagonista “recuperabile”: un antagonista simile a Darth Vader, perché l’eroe (rispettivamente Naruto o Luke) non vuole uccidere l’antagonista ed è convinto che possa salvarsi. Questi sono gli antagonisti supremi: In Harry Potter, invece, non c’è mai un momento in cui Harry dice che Voldemort possa cambiare, tanto che nel film c’è una scena tremenda (non identica nel libro) in cui durante lo scontro notturno al Ministero della magia, Voldemort entra nella mente di Harry per prenderne il controllo e Harry dice che ha pena di lui perché Voldemort pensa che l’amore sia una debolezza mentre invece non lo è. In quel momento si prova una grande tristezza per Voldemort, si dice che Voldemort non è più recuperabile: è come se in quel momento Harry avesse ucciso l’antagonista.
Quando l’antagonista non è più recuperabile, diviene un “classico” antagonista: quello che si vuole unicamente che venga sconfitto, come in 007. Tuttavia gli antagonisti che non si dimenticano sono quelli come Sasuke o Darth Vader, in cui il protagonista/eroe è persuaso e speranzoso che possano essere salvati, contro le convinzioni persino del lettore o spettatore. Infatti Voldemort viene ricordato per tante cose, ma la sua sconfitta non lascia nulla, è arida, suscita solo sollievo per la sua distruzione. Non restituisce nulla al lettore né ad Harry. Così come la sconfitta dell’imperatore in Guerre Stellari, che si vuole che venga ucciso. Al contrario, la redenzione di Vader che uccide l’imperatore e torna ad essere il padre di Luke è estremamente potente, così come Sasuke che si redime, perché scopre che suo fratello Itachi ha ucciso il suo clan perché il clan era malvagio, e lui non lo sapeva, si è quindi infiltrato tra i malvagi facendo delle cose tremende, tutto per salvare il mondo.
Itachi, fratello di Sasuke, è uno dei personaggi più belli in assoluto, paragonabile a Piton. Un personaggio di cui si è convinti che sia cattivo, e invece si scopre che è stato un eroe sin dall’inizio. Dando così una svolta alla storia e un valore enorme anche all’eroe, perché l’eroe l’ha salvato. Se l’eroe quindi redime l’antagonista la storia è più bella e rende l’eroe più grande.
Cosa succede nella narrazione se un antagonista si redime? Contro chi “combatte” l’eroe?
Certamente se l’antagonista si redime entrambi devono sconfiggere un altro antagonista, ma a quel punto lo scrittore può utilizzare un antagonista cattivo che non viene salvato e che è solo più potente. Nel caso di Guerre Stellari l’antagonista supremo è l’imperatore e nel caso di Harry Potter è Voldemort. Entrambi sembrano impossibili da sconfiggere, e quando succede il lettore è sollevato. Spesso quindi, e a mio parere, nelle storie più belle, ci sono due antagonisti: uno che si redime – per merito dell’eroe – e uno che non si redime e viene sconfitto. In questo modo l’eroe ha una potenza inarrivabile.
Un altro esempio è Conan, l’anime anni 90, in cui c’è Monsley che è un personaggio spietato e che lavora per Lepka. Monsley fa delle cose tremende, ma Conan la porta nel villaggio dei buoni e alla fine lei si redime. Lo aiuta a combattere contro Lepka che invece non si redime. Questo funziona sempre. George Lucas quando ha fatto Star Wars ha seguito questa struttura.
Hai una o un antagonista preferito?
Vader, Sasuke e Itachi mi piacciono per questo motivo, perché hanno un percorso non banale. Voldemort, ad esempio, non è uno dei miei antagonisti preferiti perché gli manca qualcosa, anche se la sua origine è molto… originale!
Al contrario, ce n’è uno che ti mette in soggezione, di cui hai avuto, magari da bambino, paura?
Sicuramente HAL 9000 di Odissea nello spazio, il computer che impazzisce mi ha sempre fatto paura. Capisco la sua storia del non voler morire, infatti quando si sta spegnendo è bruttissimo, fa piangere, perché lo vedi morire. L’altro è Annie Wilkes di Misery non deve morire, il romanzo di Stephen King, da cui è stato tratto il film, che non ho visto. La storia di uno scrittore che fa un incidente e viene salvato da un’infermiera sua fan che lo cura. Fan a tal punto che lo cattura – e che tra l’altro uccideva gli anziani nell’ospizio quando faceva l’infermiera -, comincia a drogarlo, quando guarisce gli ri-spezza le gambe per tenerlo a letto. La ragione è che scopre che lui voleva favorire la protagonista di una serie di romanzi di cui lei era fan e per impedirlo lo costringe a scrivere un altro finale, con ogni mezzo. Lei è un’antagonista devastante, perché è pazza e soprattutto non ha una giustificazione per quello che fa. La sua follia lucida fa veramente paura. Sia Hal 9000 sia Annie Wilkes sono entrambi calati in un’atmosfera 70-80, quando ero bambino o adolescente.
Oggi è difficile che io legga qualcosa che mi fa paura, anche se quando guardo Demon Slayer, l’anime, o quando leggo Naruto, provo ancora quelle emozioni molto forti.
È possibile che, in alcuni casi, l’eroe venga ricordato con più vividezza rispetto all’eroe? Se sì, perché accade? Quali sono le dinamiche (forse psicologiche) che si innescano nel lettore e come riprodurle da scrittori?
Sì, ma solo quelli che hanno la redenzione, altrimenti non li ricordi.
Parlando di struttura dello storytelling: è possibile una storia che abbia come soggetto principale un antagonista?
No, perché in quel caso è un eroe. La storia di Crudelia non è la storia di una antagonista, ma di una eroina. Anche se alla fine il suo viaggio si conclude nella sua trasformazione in cattiva, è sempre una eroina. Perché, come dicevamo, ogni antagonista, è, in un’altra storia, un eroe di quella storia con un rispettivo antagonista. Nel momento stesso in cui si scrive una storia in cui c’è un protagonista, quello è un eroe.
Di te sappiamo che hai cominciato a scrivere da piccolissimo, che rapporto hai avuto sin dalla tenera età con l’antagonista?
Ho sempre amato le storie. Sia che l’antagonista si redima o no, lo scrittore e il lettore non giustificano le sue scelte. Delle volte si ama più l’antagonista che si è redento, rispetto all’eroe, così come si ama più l’antieroe rispetto all’eroe. Nessuno vuole essere l’eroe. Lo siamo tutti, ma nessuno vorrebbe esserlo. Nessuno è Sasuke, tutti siamo Naruto.
Nella tua vita ti dedichi anche, tra le tante cose, alla sceneggiatura di fumetti e cartoni animati. Che insegnamenti e caratteristiche mutuati da questi generi pensi siano utili a comprendere e descrivere meglio un antagonista in una narrazione?
Il mio consiglio è: se vuoi scrivere, devi leggere Manga e guardare Anime, perché i giapponesi ancora oggi riescono a produrre una quantità enorme di storie, al cui interno ci sono dei gioielli che in Occidente non siamo, secondo il mio punto di vista, più capaci di fare. Loro riescono a crederci in un modo molto più forte. La prima serie di Demon Slayer ha pochissime puntate, si guarda in un pomeriggio e la storia funziona sempre. Funziona tutto ed è potentissima.
Chi scrive non può basarsi solo sui libri: se leggi Harry Potter, il libro ha molto più valore rispetto ai film, perché i film sono ovviamente semplificati. Ma bisogna allo stesso tempo leggere i manga, guardare serie tv, guardare anime. Oggi chi scrive non può solo leggere libri. Se non ami enormemente leggere le storie in qualsiasi formato, secondo me hai sbagliato mestiere. Perché non si tratta solo di scrivere, ma di divertirsi e appassionarsi con tutte le storie che incontri. Perché è ovunque che trovi qualcosa che ti ispira, ti emoziona e che ti fa venir voglia di raccontare. Leggi tutto, scopri tutto.