L’arte del dire, del parlare, e più specificamente del persuadere con le parole: questa è la retorica. Senza addentrarci in definizioni più articolate, figlie della filosofia aristotelica, in questo contesto stiamo parlando della capacità di uno scrittore o di una scrittrice di trasmettere un messaggio nella maniera più chiara e precisa possibile, attraverso quelle che vengono chiamate figure retoriche.
A seconda del contesto nel quale si inseriscono e in base alla funzione che assumono nel testo, ne esistono di diversi tipi. Scopriamoli insieme.
Indice
Quante e quali sono le figure retoriche
La classificazione di tutte le figure retoriche che utilizzeremo nelle prossime righe tiene conto di tre differenti macro gruppi, che insieme ci restituiscono il ventaglio completo di possibilità a nostra disposizione:
- Figure retoriche di significato, o semantiche.
- Figure retoriche di ordine, classificabili anche come di posizione oppure sintattiche.
- Figure retoriche di suono, che si ritrovano soprattutto in poesia.
Esistono inoltre classificazioni che dividono le figure retoriche in sei gruppi, e altre invece, come quella dello scrittore Gui Bonsiepe, formate da due grandi famiglie che si diramano in diversi sottogruppi.
In generale, ogni tentativo di classificazione ha uguale valore. L’importante è comprendere il significato e la funzione delle singole figure retoriche all’interno del testo.
Figure retoriche di significato
Come ci suggerisce il nome, ritroviamo questa tipologia di costruzione linguistica quando, con la frase elaborata, si interviene direttamente sul significato che si vuole dare all’intero contesto in cui si inserisce.
Le principali figure retoriche di significato sono similitudine, metafora, antitesi, sinestesia, metonimia, sineddoche e ossimoro. Vediamole insieme:
- Similitudine, quando vengono messi in relazione due elementi per delle somiglianze fisiche o morali (È chiaro come il sole).
- Metafora, che si utilizza sostituendo un termine proprio, con un elemento figurato (i capelli ondeggiano, come fossero mare).
- Antitesi, proponendo il confronto tra due immagini fortemente in contrasto tra loro (vita/morte)
- Sinestesia, con l’accostamento di due parole che richiamano a sfere sensoriali differenti (calde parole).
- Metonimia, sostituendo un termine con un altro che si relaziona ad esso attraverso una vicinanza di contesto (leggere Stephen King, per dire che si stanno leggendo le opere di Stephen King).
- Sineddoche, figura retorica con cui, semplificando, si usa una parte per descrivere il tutto: il contenente per il contenuto oppure la materia per l’oggetto (voglio un bicchiere).
- Ossimoro, nel momento in cui vengono accostate parole che esprimono concetti contrari (aspra dolcezza).
Figure retoriche di ordine, o sintattiche
Ci riferiamo a questa tipologia di figura retorica quando c’è uno spostamento dell’ordine consueto delle parole all’interno della frase:
- Inversione, di derivazione dalle strutture latine e greche. Si ha quando la normale forma soggetto-verbo-complemento lascia il posto ad altre organizzazioni sintattiche (vedi Montale, Bene non seppi, fuori del prodigio che schiude la divina Indifferenza…).
- Chiasmo, che si presenta come una disposizione incrociata di coppie di elementi in relazione tra loro (Le donne, i cavalieri, le armi, gli amori).
- Anacoluto, o figura retorica del soggetto sospeso. Si ha quando il primo elemento, rispetto a quelli presentati successivamente, viene lasciato in sospeso (Calandrino, se la prima gli era paruta amara, questa gli parve amarissima. Boccaccio).
- Ellissi, quando si omettono uno o più elementi all’interno della frase, lasciandoli di fatto sottintendere al lettore (Fuori! al posto di Andate fuori di qui!).
- Anafora, nel momento in cui c’è una ripetizione di uno o più termini (Per me si va nella città dolente, per me si va nell’eterno dolore, Dante).

Figure retoriche di suono
Infine, ecco l’ultimo gruppo di figure retoriche, quelle relative al suono. Vengono utilizzate molto spesso nella poesia, ma se adoperate con criterio e attenzione riescono a rendere speciale anche un testo in prosa, un romanzo oppure un saggio:
- Onomatopea, quando con l’utilizzo di termini e parole, si fa riferimento a specifici suoni che rimandano proprio a quegli elementi (sentivo il cullare del mare, sentivo il fru fru tra le fratte, Pascoli).
- Paronomasia, con l’accostamento di due parole che hanno simile suolo (senza arte né parte).
- Allitterazione, che si ha quando è presente nel testo una ripetizione voluta e ricercata di una o più parole (di me medesimo meco mi vergogno, Petrarca).
- Omoteleuto, nel momento in cui due o più parole terminano nella stessa maniera, o similmente (ma sedendo e mirando, Leopardi)
Conclusioni e consigli pratici
Alla luce di quanto appena visto, il panorama di possibilità per arricchire il tuo testo è ampio. L’errore da non commettere, specialmente se si è alle prime esperienze, è quello di voler a tutti i costi inserire ogni cosa.
Conoscere tutti gli elementi che si possono sfruttare in un testo è utile soprattutto per capire quando non adoperarli.
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