Prima di iniziare questa lettura, se non l’hai ancora fatto, dovresti dare uno sguardo alla nostra panoramica sulle figure retoriche e a come distinguerle. Un articolo esaustivo, in cui tutti gli strumenti del parlare, e ovviamente dello scrivere, sono presentati in maniera chiara per riuscire a produrre dei testi di assoluta qualità.
Dopo aver analizzato le figure retoriche semantiche (anche dette di significato), oggi approfondiremo invece quelle di suono. Ti spiegheremo cosa sono, come utilizzarle e ti forniremo dei pratici esempi per capire a pieno ogni loro sfumatura.
Indice
Cosa sono le figure retoriche di suono
Come facilmente intuibile dal nome, quando parliamo di figure retoriche di suono facciamo riferimento alla fonetica delle parole, alla resa sonora e agli effetti uditivi che scaturiscono dalla loro lettura.
Per semplificare, parliamo di figure retoriche di suono quando, leggendo un testo, ci troviamo davanti a un particolare effetto sonoro che contribuisce all’esperienza del lettore e della lettrice.

Esempi di figure retoriche di suono
A questo punto, dopo averne spiegato il senso e la funzione, vediamo quali sono le principali, con alcuni esempi che ne chiariscono l’utilizzo:
- Allitterazione: si manifesta quando abbiamo una ripetizione dei medesimi suoni all’interno delle parole oppure all’inizio. Ne ritroviamo una celebre nei Sonetti di Foscolo quando scrive “Quello spirito guerriero ch’entro mi rugge”. In questo caso è il suono r a ripetersi.
- Assonanza: si ha quando le sillabe di due parole in relazione tra loro presentano, dopo l’accento tonico, le stesse vocali ma diverse consonanti. Ti proponiamo un esempio tratto dalle poesie di Pascoli,
“ll vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese!
Quando partisti, come son rimasta!”
- Consonanza: al contrario della figura retorica di suono appena vista, si presenta con due parole che, dopo l’accento, hanno le stesse consonanti ma diverse vocali. In questo caso ci viene in aiuto Montale con un esempio celebre
“E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.”
- Onomatopea: si tratta, probabilmente, della figura retorica di suono più conosciuta. Si ha quando si trascrivono dei suoni per rimandare direttamente agli elementi e alle immagini che richiamano. “Sentivo il cullare del mare, sentivo il fru fru tra le fratte”, Pascoli.
- Paronomasia: si genera accostando due parole che foneticamente sono rappresentate da suoni simili. La selva selvaggia di Dante è un esempio molto chiaro ed esplicativo di come può essere utilizzata.
- Omoteleuto: si ha quando si fanno terminare due o più parole contrapposte simmetricamente tra loro o con lo stesso suono oppure con la stessa metrica. La rima, per esempio, è un tipo di omoteleuto che si manifesta alla fine delle parole. “Ma sedendo e mirando interminati spazi di là da quella”, Leopardi.
Queste sono le principali e più utilizzate figure di suono. Il consiglio che ti diamo è quello di non farti prendere dalla foga creativa e di non esagerare cercando di inserirle tutte, a ogni costo, quando scriverai il tuo prossimo ebook.
Studia i grandi autori, prendi spunto e trova, tra le figure retoriche, quelle che più si addicono alla tua penna e al tuo stile.
Pubblicare poi con Kobo Writing Life sarà semplicissimo.
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